Smart working: pro e contro

di Lorenzo Neri

Smart working: pro e contro. Non di certo una manna dal cielo, ma nemmeno un demone che mette a repentaglio la vita lavorativa di ciascuno di noi. In questo articolo ho il piacere di parlare di questa “novità” lavorativa a 360 gradi, visto che tra i lavoratori coinvolti nel mondo digitale, gli informatici sono quelli più interessati ad esso.

Ciò che è successo nel 2020 ha enfatizzato un “movimento” che era già sfruttato senza tutto questa risonanza mediatica: in Italia nominato spesso come “Smart Working”, noto in altro modo come “Lavoro agile” ma per chi come me non disdegna gli italianismi lo chiama semplicemente “Lavoro da remoto”.

Venduto come strumento inscindibile in una società che guarda al futuro, sfruttato come arma da chi ha pretese sempre più crescenti a livello lavorativo, al contempo può avere contro che vengono sempre visti come la fine del mondo.

Sono certo che lo smart working abbia i suoi pro e contro e di fatto, avendo avuto il piacere di sfruttarne le sue modalità durante la mia carriera professionale in Italia, in Germania e in Svizzera e avendo tutt’ora il piacere di condividere la mia vita professionale su questo blog beh… Ecco che ne vorrei parlare anche io.

In questo articolo vorrei dare una visione pragmatica dello smart working e dunque dei suoi pro e contro secondo la mia visione professionale.

Ah giusto, le presentazioni prima di tutto.

Mi chiamo Lorenzo Neri e sono un informatico: questo articolo così come quelli che trovi nel mio blog sono frutto delle soluzioni trovate a fronte delle mie problematiche incontrate nel corso della mia carriera lavorativa. Quale miglior modo se non quello di condividerle con persone come te?

Incominciamo.

Smart working: non è la panacea di tutti i mali, non è un demone da sconfiggere

Non ti posso negare che c’è una cosa che mi ha sempre dato fastidio: progressismo ed immobilismo sfrenati non fanno altro che esaltare qualcosa al punto tale da renderlo imprescindibile o mortale.

“Siamo nel 2022 e ancora… blablabla”

“È impossibile pretendere che al giorno d’oggi… blablabla”

Il motivo è semplice: siamo esseri umani e tutti noi abbiamo i nostri personali e assolutamente diversissimi ciascuno l’un l’altro modelli di riferimento e valori.

E fra questi, ci sono quelli che governano la nostra concezione personale di mondo del lavoro: sono sbagliati? Sono giusti?

Eh… Dipende. Per me può essere giusto lavorare 75 ore a settimana, per tizio là dietro di te che ti guarda storto perché stai leggendo questo articolo è indecoroso cominciare a lavorare prima delle 11:43 e ventisei secondi, ma una cosa è certa: crescendo impariamo a capire quali di questi valori e concezioni si cuciono meglio su di noi come un abito minuziosamente cucito apposta per noi.

Quindi non c’è una vera e propria risposta, ma c’è una serie di punti principali su cui si può ragionare al fine di capire se sia più un pro o un contro.

Ho cercato quanto più possibile di ragionarci e condividerli secondo delle macro-categorie princiapli.

Smart working: pro e contro sulla socialità

Da esseri umani quali siamo, siamo animali sociali. Chi più, chi meno, abbiamo un determinato fabbisogno sociale, un po’ come le calorie giornaliere.

Il lavoro da remoto implica molto spesso lavorare da casa, ma non implica di conseguenza diretta stare a contatto con parenti, amici, figli, coniugi, eccetera, al contrario tutti noi abbiamo impegni quotidiani e il rischio di isolamento si alza.

In parole povere: lavorare da casa implica passare parecchio tempo da solo e, per quanto le riunioni online possano mitigare e bada bene non sostituire il contatto sociale, tutti noi lo viviamo diversamente.

Stare a contatto diretto, “vis-a-vis” con i nostri colleghi, implica un modo differente di socializzare.

Si è direttamente a contatto fisico con essi, ci si parla, ci si lancia una sedia nel caso uno di noi manda in produzione una feature posta ancora a revisione… Chi più ne ha più ne metta.

In linea generale tuttavia, ci si mette in un modello relazionale dove parlare dei propri problemi, che sia un piccolo bug o un semplice confronto su qualcosa che non ci torna… È molto più efficiente farlo di persona.

Non sono solo io a dirlo, ma puoi prendere spunto da qui.

In altre parole stare in un ufficio, o magari in un co-working a contatto con altre persone, permette di avere dinamiche sociali e, come dicevo prima chi più chi meno, permette di instaurare quella buona dose di confronto che ci permette di crescere rispetto che parlare con una paperella di gomma.

E dove sta il brutto di tutto questo?

Perché sì, purtroppo c’è un “brutto”.

Noooo non parlo di te!

Purtroppo, possono capitare ambienti di lavoro dove non si è a proprio agio con i proprio colleghi o addirittura ci sono situazioni alquanto brutte. In tal caso non c’è Zoom, Teams, Meet che regga: per quanto ci sia distanza con essi, forse forse è giusto chiedersi se non si sia in un ambiente di lavoro tossico.

Lavorare da casa, dalla spiaggia, da una baita in cima ai monti, in treno: dove sta la felicità?

Lo smart working, fra i suoi pro e i suoi contro, vende bene l’idea che “Se non lavori dalla spiaggia o a guardare la neve che cade da una baita di montagna allora sei un miserabile fallito”.

Così come “Se viaggi in giro per il mondo con la parvenza di lavorare sei un gran cazzone”.

Ti risuonano questi due punti di vista?

La realtà è alquanto personale ad essere sinceri: così come il livello di socialità è diverso in ognuno di noi, lo è anche l’ambiente lavorativo.

L’ambiente lavorativo può fare la differenza: c’è chi si trova più a suo agio a stare in un ufficio, poiché ha una separazione degli ambienti ben definita, c’è chi invece non rinuncia a casa propria perché la trova maggiormente accogliente e infine, c’è chi riesce ad essere produttivo in mobilità senza dimenticare chi apprezza il nomadismo digitale.

E quindi che si fa? Beh, si fa una cosa: si ragiona sul proprio livello di produttività in relazione alle proprie necessità personali.

Permettimi di farti un esempio.

Lavorando da casa mi sono reso conto che non sono ispirato: non facevo altro che avere una soglia dell’attenzione molto bassa, mi distraevo facilmente e soprattutto non entravo nel mio ruolo professionale.

E quindi che fare? Ho provato ad affittare una scrivania in un ufficio condiviso, creando quindi una separazione degli ambienti: lavorativo e domestico.

Mi sono reso conto che la mia produttività è aumentata, ero più focalizzato e in sintesi: si lavora al lavoro e si sta a casa per godersi casa.

Questo, non perché debba essere giusto anche per te, ma per darti una prospettiva che può essere differente per ciascuno di noi.

Per farti un contro-esempio, conosco diverse persone che sono in grado di lavorare in spiaggia, danno il meglio di sé perché li rende rilassati l’ambiente: io non ce la farei, avrei il costante desiderio di buttarmi in acqua.

E di fatto qui, subentriamo in un altro aspetto che si intreccia con socialità, abitudini e produttività.

Smart working: le abitudini sono un gran pro, con tanti contro a corredo

Il messaggio di impatto che vedo più spesso a riguardo dello smart working è: “Quanto tempo che risparmio a non guidare standomene a casa!”.

Nulla da obiettare, guidare, a meno che non ti piaccia, può risultare snervante, una perdita di tempo, una gran rottura di cogl…

Tra i pro del lavorare da remoto, c’è senza dubbio risparmiare tempo, soldi e fatica in quello che sono gli spostamenti dalla propria abitazione al proprio ufficio.

Eppure, rinunciare a questo spostamento, implica rinunciare ad un’abitudine che include dei punti a favore nello sfavore.

“Ma che cazz… Che intendi?”

Guidare, o comunque prendere i mezzi di trasporto implica le seguenti cose:

  • Lavarsi
  • Curare il proprio aspetto
  • Camminare
  • Non ubriacarsi la sera prima
  • Pianificare i propri pasti
  • Apprezzare maggiormente il tempo “vuoto”
  • Instaurare delle abitudini extralavorative

Avrai notato che in quell’elenco, parziale che può essere sempre oggetto di espansioni (i commenti sono un ottimo punto per farlo) ho voluto evidenziare il camminare.

Camminare è una delle attività a minor costo che ci permette di tenerci in salute.

Riducendosi a lavorare da casa, certamente si può uscire a camminare nelle pause, ma così facendo peccherebbero di quel motivo per farlo che si ha nell’andare in ufficio.

Sto dicendo che è sbagliato? No, sto dicendo però che senza un motivo valido per farlo, si rinuncia all’attività stessa (di solito) con una conseguente mancanza degli altri punti elencati.

Stando a casa si hanno non poche comodità, eppure lavorandoci si rinuncia a parecchio di ciò che implica l’uscire fuori dalle mura domestiche, non solo.

Alla lunga, si rischia di perdere il piacere di ciò che sono i momenti di “riposo” senza dimenticare quella parte di stress positivo che ci “costringe” a pianificare in modo propositivo la nostra quotidianità: trovare il giusto tempo da dedicare a chi amiamo, allo sport, alle amicizie, ai parenti, ai figli… Insomma, se dovessi riassumere i pro e i contro delle abitudini instaurate in una routine lavorativa si andrebbero a compensare in un punto importantissimo per noi esseri umani.

Per noi esseri umani è importante strutturare il tempo.

L’abitudine di pettinarsi la mattina, il tempo che dobbiamo pianificare per arrivare in orario al nostro corso di yoga, quello che dedichiamo a goderci un aperitivo con i nostri amici, insomma: sono senza dubbio dei punti a favore e a sfavore.

Continua a scoprire di più con questi articoli!

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